Ordo Fratrum Minorum Capuccinorum ES

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Nostro Dio è onnipotente e Padre

“Padre nostro che sei nei cieli”
Omelia di Fra. Raniero Cantalamessa Ofm Cap
Domenica 28 Luglio 2019

Nel Vangelo di oggi, Luca ci racconta come nacque la preghiera del “Padre nostro”. Vedendo un giorno Gesù pregare, i discepoli concepirono un grande desiderio di pregare come lui e dissero: “Signore, insegnaci a pregare”. Gesù soddisfece questo desiderio, donando ad essi la sua stessa preghiera. Perché il “Padre nostro” va letto proprio così: come l’onda della preghiera di Gesù che si propaga nei secoli, come un flusso di preghiera che dal capo si trasmette a tutto il corpo.

È proprio nel grido “Abbà, Padre” che Gesù si dà a conoscere come il Figlio unico di Dio. Mai nessuno aveva osato, prima di lui, rivolgersi a Dio con questo nome così confidenziale che corrisponde al nostro papà, padre caro, o babbo. Tutta la preghiera del “Padre nostro” è contenuta in questo grido iniziale. Esso racchiude l’essenza stessa della preghiera del cristiano che è grido fiducioso di figlio, rivolto a un Dio sentito come padre amoroso e buono. E tuttavia, niente di fiacco e di sdolcinato in questa immagine di Dio come un papà buono. Le parole che seguono, nella redazione di Matteo, non lasciano dubbio in proposito. “Che sei nei cieli”, significa infatti “che sei al di sopra di noi quanto il cielo dista dalla terra”; è l’equivalente di “altissimo”.

Fino all’inizio del secolo XX, dominava la cosiddetta Teologia liberale. Secondo essa la grande novità del Vangelo di Gesù sarebbe la rivelazione della paternità di Dio. In questo si esauriva la novità del Vangelo. Era un modo anche questo di distaccare il NT dall’AT e, implicitamente, il cristianesimo dall’ebraismo che avrà un epilogo tragico nella Shoa.

Ma non è esatto dire che Gesù ha sostituito all’immagine di un Dio tutto potenza dell’Antico Testamento, quella di un Dio tutto bontà. La novità recata da Cristo è piuttosto un’altra. Dio, rimanendo ciò che è da sempre -altissimo, onnipotente, trascendente e santo - viene ora dato a noi come nostro papà! Al figlio non basta che il proprio papà sia dolce, mite, comprensivo, se per ipotesi fosse debole e fiacco. Gli occorre un padre che sia buono, ma anche forte, libero, capace di difenderlo dai pericoli e dargli sicurezza. Gesù ci assicura che tutto questo è Dio per noi. La Chiesa ha raccolto questa immagine di Dio e l’ha posta all’inizio del suo credo: “Credo in Dio Padre Onnipotente”: padre, ma onnipotente; onnipotente ma padre!

Ma non è su questa linea che vorrei proseguire. Quando si tratta di Dio, una testimonianza di vita vale più di tanti ragionamenti teologici ed esegetici. Tempo fa ricevetti la lettera di una persona che seguivo spiritualmente, una donna sposata e vedova, deceduta da alcuni anni. L’autenticità delle sue esperienze è confermata dal fatto che le ha portate con sé nella tomba, senza parlarne mai a nessuno, fuori che al suo padre spirituale.

Non avevo ancora quattro anni e mi trovavo in campagna dalla nonna. Una mattina, mentre aspettavo nella mia camera che venissero a vestirmi, guardavo un gran tiglio che spiegava i rami davanti alla finestra. Il sole nascente lo investiva sul davanti. Ero incantata dalla sua bellezza, quando di colpo la mia attenzione fu attirata da uno splendore insolito, d’un bianco straordinario. Ogni foglia, ogni ramo si mise a vibrare come fiammelle di mille candele. Ero più meravigliata di quando vidi cadere la prima neve della mia vita. E la mia meraviglia aumentò quando –non so se con gli occhi del corpo o no – al centro di tutto quel luccichio vidi come uno sguardo e un sorriso di una bellezza e di una benevolenza indicibili. Avevo il cuore che batteva all’impazzata; sentii quella potenza d’amore penetrarmi ed ebbi la sensazione di essere amata fin nel più intimo del mio essere. Durò un minuto, un minuto e mezzo, non lo so, per me era l’eternità. Fui riportata alla realtà da un brivido di freddo che mi passò per il corpo e con grande tristezza mi resi conto che lo sguardo e il sorriso erano svaniti e che a poco a poco lo splendore dell’albero si spegneva.

Non parlai a nessuno di questo fatto, ma poco tempo dopo, sentii la cuoca e un’altra donna parlare tra di loro di Dio. Trasalii e chiesi: “Dio? Chi è?”, intuendo qualcosa di misterioso. “Povera piccola -disse la cuciniera all’altra donna-, la nonna è una pagana e non le insegna queste cose! Dio -disse rivolta verso di me - è colui che ha fatto il cielo e la terra, gli uomini e gli animali. È onnipotente e abita nel cielo”. Rimasi in silenzio, ma tra di me dissi: “È lui che ho visto!”.

E tuttavia ero molto confusa. Ai miei occhi, la nonna era ben superiore a queste donne di servizio, eppure la cuoca aveva detto che era una pagana perché non conosceva Dio e io avevo capito che era un termine dispregiativo. Chi aveva ragione? Un mattino aspettavo di nuovo che venissero a vestirmi. Ero impaziente e deploravo il fatto che i miei abiti di bambina si abbottonavano sul di dietro. Alla fine non aspettai più e dissi: “Dio, se tu esisti e sei veramente onnipotente, abbottonami il vestito sulla schiena perché possa scendere in giardino”. Non avevo finito di pronunciare queste parole che il mio vestito si trovò abbottonato. Restai a bocca aperta, atterrita dall’effetto delle mie parole. Le gambe che mi tremavano, mi sedetti davanti allo specchio dell’armadio per costatare se era vero e per riprendere fiato. Non sapevo ancora cosa significasse la frase “tentare Dio” , ma capivo che sarei stata ridotta in polvere se mi fossi opposta alla sua volontà.


Essa a me ha fatto ricordare l’esperienza di Mosè davanti al roveto ardente. Tutto un cammino di santità seguito a quella esperienza conferma che non si era trattato di una fantasia infantile. La stessa persona. Ormai avanti negli anni mi confidò una sua esperienza della Trinità che aiuta a capire, del mistero, più che tanti ragionamenti teologici:

“L’altra notte, lo Spirito mi introdusse nel mistero dell’amore trinitario. Lo scambio estasiante del donare e del ricevere si operò anche attraverso di me: del Cristo, al quale ero unita, verso il Padre e del Padre verso il Figlio. Ma come esprimere l’inesprimibile? Non vedevo nulla, ma era ben più che vedere e le mie parole sono impotenti a tradurre questo scambio nella giubilazione, che si rispondeva, si slanciava, riceveva e donava. E da quello scambio fluiva una vita intensa dall’Uno all’Altro, come un latte tiepido che scorre dal seno della madre alla bocca del bambino attaccato a questo benessere. Ed ero io quel bambino, era tutta la creazione che partecipa alla vita, al regno, alla gloria, essendo stata rigenerata da Cristo. O Santa e vivente Trinità! Rimasi come fuori di me per due o tre giorni, e ancora oggi questa esperienza rimane fortemente impressa in me”.

Ora, continuando la nostra Messa saremo noi davanti al vero roveto ardente; saremo noi quei bambini che succhiano il latte spirituale della vita trinitaria, dal seno squarciato di Cristo sulla croce.
[Grazie di cuore a Fra. Raniero Cantalamessa Ofm Cap per questo pensiero ispirante.]