Copia de Ordo Fratrum Minorum Capuccinorum

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updated 9:34 AM UTC, Dec 6, 2024

Due approcci molto distinti alla festa di Tutti i Santi

Ci sono due approcci molto distinti alla festa di Tutti i Santi. Uno si riflette nella Colletta di oggi: “celebriamo con gioia i meriti e la gloria di tutti i Santi”. Comprendiamo che lo scopo di questo approccio è quello di spingere noi, i vivi, ad andare avanti, per incoraggiarci a sforzarci, a dare carne ed ossa alla nostra fede. C’è, tuttavia, un problema con questo approccio.

Due secoli fa, il nostro mondo ha vissuto una rivoluzione duratura che ha cambiato radicalmente il modo di pensare, sentire e agire – parlo della Rivoluzione Industriale, la semina del seme della secolarizzazione. Comincia ad apparire una nuova specie umana: l’homo economicus, che fa dell’utilità e del profitto la sua priorità. Le relazioni vengono create e abbandonate a seconda dell’utilità percepita dell’altro individuo o degli individui. Ciò che è emerso è stato il fai-da-te, il cui successo è stato fatto da sé. Più si lavora, più benefici si raccoglierebbe. Fino al punto che oggi, con i progressi della scienza medica, possiamo persino clonare la vita stessa. Gli effetti dell’uomo fai-da-te si fanno sentire ogni tanto anche nei cristiani. Se mi comporto bene, guadagnerò l’amore di Dio, Dio mi amerà di più, e poi mi dovrà il paradiso come ricompensa per il mio comportamento. Dio mi deve.

Dopo la Rivoluzione Industriale, poiché il mondo degli affari produceva più prodotti, era necessario un controllo di qualità. E a volte anche questo è entrato nel nostro immaginario religioso. Il giudizio di Dio è come il controllo di qualità. Una volta terminato, il prodotto deve superare un test. Fallire significava essere completamente buttato via, scartato. Le persone hanno quindi iniziato a essere viste come prodotti, utili o inutili. Il valore della vita stessa era meno apprezzato. E quando le persone non sono altro che prodotti in una cultura usa e getta, più superficiali diventano i rapporti – nelle famiglie, nella società ed anche nella vita religiosa.

Per fortuna, di recente, papa Francesco ci ha ricordato: “Dio non ti ama perché ti comporti bene. Ti ama, chiaro e semplice. Il suo amore è incondizionato; non dipende da te.” Sappiamo tutti che non c’è niente che possiamo fare per farci amare di meno da Dio, ma alcune persone vivono la loro vita come se ci fosse qualcosa che potevano fare per farsi amare di più da Dio.

Allora, qual è l’alternativa a celebrare Ognissanti senza fare affidamento sui nostri meriti, sul nostro buon comportamento, vantarci della nostra gloria? Nelle parole di San Paolo, “Mi vanto volentieri delle mie debolezze per rendere perfettamente chiara la potenza di Cristo che opera in me.”

L’approccio alternativo a questa festa è celebrare con gioia i meriti di Dio e concentrarsi sulla Sua gloria. A volte parliamo dei nostri santi preferiti come se fossero dei, Francesco, Chiara, Madre Teresa, Padre Pio, o come si fosse una gara fra santi. Li chiamiamo con aggettivi superlativi. Se Domenico era il più casto, Francesco doveva essere ritratto come il più povero. Li rendiamo così perfetti da renderli inimitabili. I santi non erano diversi da nessuno di noi. Ognuno aveva i propri difetti di carattere, debolezze di personalità, e limitazioni. E anche quelli sono destinati per la nostra edificazione!

Un grande mistico chassidico, il Baal Shem Tov, raccontò la storia di Mosè in piedi davanti al Roveto Ardente. Dio gli disse di togliersi i sandali perché il luogo su cui si trovava era terra santa. La morale della storia, ci viene detto, è che Dio non ci chiama ad essere Mosè, o Francesco, o Madre Teresa, o anche Gesù stesso. Io e solo io, con il mio antefatto unico, la mia genetica, personalità, cultura e difetti, occupo questa piccola porzione, il mio proprio spazio nel tempo e nella storia. E la mia porziuncola, su cui sto in piedi, è santa.

Fratelli, la nuova evangelizzazione, il ravvivare la fiamma, qualunque frase vogliate inventare, consiste nel condividere la testimonianza della nostra realtà vissuta – non ciò che abbiamo fatto noi, ma ciò che Dio è riuscito in qualche modo a realizzare in noi, vasi di terra.

Carissimi fratelli, quando guardo bene la mia vita, non vedo i miei meriti o la mia gloria, ma ciò che vedo molto chiaramente sono le promesse mantenute da Dio. Prima di tutto, quella che si trova in Giosuè: “Ti starò accanto.” In Isaia: “Ti aiuterò quando avrai fatto tutto ciò che puoi fare e non ne puoi più.” In Apocalisse: “Asciugherò tutte le lacrime dai tuoi occhi.” In Esodo: “Combatterò la tua battaglia.” E nel Deuteronomio: “Ti terrò stretto e non ti lascerò mai andare.”

La tua storia potrebbe essere la chiave per sbloccare la prigione di qualcun altro, quindi non aver paura di condividerla. Potrei essere la risposta alla preghiera di qualcun altro. E così anche tu sarai un riflesso, a modo tuo, della bontà di Dio. Non siamo fatti per essere il segreto meglio custodito di Dio.

Fra. Patrick McSherry OFMCap
Archivista, Curia Generale Roma

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